Meno evidente, ma pur sempre rilevante, va poi annoverato fra i pregi della Legge quello di allineare la Svizzera alle migliori pratiche internazionali Non è un caso che, all’interno dell’Europa occidentale, le Nazioni che ancora applicano la dichiarazione congiunta si contino sulle dita di una mano. Il che del resto è logico, dal momento che il modello «un reddito – una famiglia» prevalente nel dopoguerra, è superato dai tempi. Che l’applicazione di una modifica al diritto tributario e di conseguenza alle relative procedure comporti costi ed investimenti è inevitabile. Non deve però diventare il leitmotiv del ritornello che abbiamo già sentito in altre occasioni. Così è avvenuto nel 2003, momento dell'introduzione della dichiarazione dell’imposta annuale, che in Ticino avvenne in ritardo di ben due anni sulla maggioranza dei Cantoni svizzeri. Una cadenza temporale che oggi sembra a tutti noi pienamente coerente, ma che ai tempi non mancò di suscitare rumorose polemiche. Ed ecco gli esempi: «Il numero delle dichiarazioni raddoppierà, sistemi e procedure andranno aggiornati, il personale amministrativo sarà insufficiente e tutto questo avrà un costo», solo per citare i principali. Queste obiezioni non vi ricordano quelle addotte da chi oggi invoca un referendum dei Cantoni?
Non senza un pizzico di audacia vorrei risalire fino al 1971, quando venne introdotto il suffragio femminile. Ma come, si potrebbe dire, anche allora andavano stampate il doppio di schede e contati il doppio di voti, e non certo con le tecnologie di oggi! Ma spero che nessuno voglia invocare un ritorno al passato per considerazioni di costo.
Il Consiglio di Stato, rispondendo ad un’interpellanza degli iniziativisti, ha stimato gli impatti amministrativi e gli altri oneri che verosimilmente deriveranno dall’applicazione della Legge. Ne hanno fatto oggi menzione gli interventi degli stessi iniziativisti, dei relatori di maggioranza e della relatrice di minoranza. Non vi ripeterò fino alla noia le stesse cifre, limitandomi ad un commento sul contenuto dei rapporti e sulle osservazioni dei relatori. Condivido a questo proposito appieno l’opinione che le stime del Governo «costituiscono uno scenario conservativo basato sull’organico e sui metodi di lavoro attuali» contenuta nel Rapporto di maggioranza. Constato che le stime trascurano di incorporare ragionevoli previsioni sugli incrementi di produttività consentiti da quelle nuove tecnologie su cui il Cantone investe capitali ingenti. Ma come, mi domando, nel 2031, anno in cui verosimilmente si passerà al nuovo regime, i modelli di lavoro basati sull’intelligenza artificiale non consentiranno di trattare le pratiche e le verifiche amministrative in tempi «n» volte più veloci? Sicuramente lo faranno nelle imprese, pena l’espulsione dal mercato. Auspicabilmente lo stesso dovrà avvenire nell’Amministrazione delle Contribuzioni. Del resto, eTax è entrata in produzione nel 2004 e già risente del peso degli anni. I 20 milioni di investimenti, stimati dal Consiglio di Stato e deprecati dal Rapporto di minoranza, potrebbero dunque risultare ben spesi!
Veniamo ora all’impatto sul gettito che in Ticino, fra Cantone e Comuni, potrebbe superare i 100 milioni. Una prima osservazione è che si tratta di un extra gettito che deriva da un modello di tassazione di per sé abusivo, come sottolineato dalla sentenza del Tribunale federale del 1984 che dichiarava incostituzionale la cosiddetta «penalizzazione fiscale del matrimonio». Un’imposta ingiusta, ancor più se incostituzionale, non va riscossa, qualunque sia il suo impatto. Inoltre, ancora una volta si esagera nelle stime, che non tengono conto dei benefici in termine di incentivazione al lavoro e di conseguenza alla produzione di reddito che il nuovo modello comporterà.
E poi, meglio non giocare con i numeri! Le alternative proposte dal Centro, come è ben evidenziato dalle analisi condotte a livello federale, sono ancora più costose di questa Legge in termini finanziari, oltre che generatrici di maggiore burocrazia. Una constatazione, quest’ultima, che cónfuta l’ulteriore spauracchio sventolato dagli iniziativisti: quello del mostro burocratico. Ma quale mostro burocratico, si tratta unicamente di aggiornare un modello di tassazione! Il flusso dei dati da gestire resterà invariato rispetto al passato. Verranno inoltre eliminate le discontinuità dovute al cambiamento di stato civile dei contribuenti.
Le critiche che frenano ogni innovazione sembrano essere sempre le stesse. Noi dobbiamo saper guardare avanti, calibrando con saggezza e con equilibrio costi e benefici della Legge. I benefici sono ingenti, e tengo in particolare a sottolinearne la valenza morale. Ho già avuto modo di affermare che, in un mondo in cui il concetto di famiglia muta, è assurdo penalizzare fiscalmente le coppie sposate nei confronti di quelle di fatto. In un mercato del lavoro che ancora tiene le donne al margine, è controproducente tassare i redditi in modo congiunto, penalizzando quello più basso. In una società che scoraggia la cultura finanziaria delle donne, un modello che di fatto mette nelle mani del marito la dichiarazione fiscale produce danni incommensurabili.
L’imposizione individuale è l’unico modo per ripristinare l’equità e la legalità costituzionale e per incentivare la parte debole nel matrimonio a conquistare la propria autonomia finanziaria. I costi ci sono, è vero, ma sono surclassati dalle opportunità, ce lo dice anche l’economia. Per reperire quella manodopera indigena qualificata di cui tanto il Ticino ha bisogno, è indispensabile il contributo di quelle donne che oggi sono escluse dal mercato del lavoro per motivi che vanno affrontati uno per uno. Iniziamo da oggi eliminando uno dei più subdoli, quello di un modello impositivo congiunto che penalizza e marginalizza il reddito più basso, che ancora è quello della donna.
Cristina Maderni
granconsigliera PLR