Eppure è proprio la complessità che rende interessante il nostro mondo. Pensiamo alla questione di genere, ad esempio, e alla contrapposizione tra uomo e donna che sta diventando purtroppo sempre più accesa. Un confronto che a guardar bene, la realtà scientifica non ci pone in termini duali. Alla nascita, ad ogni essere umano viene assegnato anagraficamente un sesso seguendo la regola binaria: femmina o maschio. Il problema è che, dal punto di vista biologico, possono esserci alterazioni nel corredo cromosomico, alterazioni degli ormoni o forme di genitali che non sono tipiche del sesso maschile o femminile. Si stima che nel mondo l’1,7% dei nati manifesti caratteri sessuali che non corrispondono alla suddivisione binaria. Nella nostra società caratterizzata da una visione del mondo divisa in due sessi non c’è posto per l’ambiguità.
O la si stigmatizza, o si cade nell’appiattimento dei generi, cancellando le differenze, rendendoci tutti (uomini e donne) uguali. Una reazione che soffre dello stesso male di chi si schiera per la regola binaria: la paura del diverso, dell’”altro”. La nostra società ha elaborato nei secoli delle regole che determinano i ruoli degli individui nella comunità. Si trattava di regole vitali per il funzionamento e la sopravvivenza della stessa. Oggi ci troviamo in un momento di importanti cambiamenti tecnologici e scientifici che hanno modificato la visione del mondo, di alcuni valori che fino a poco tempo fa erano ritenuti fondamentali.
Eppure, se accettassimo tutte le sfumature, senza classificare e aprendo la nostra mente, potremmo andare oltre lo schema culturale attuale, gestendo i cambiamenti e attenuando i conflitti. È il mantenimento delle differenze che consente attraverso il confronto e il dialogo un costante avanzamento. Le differenze rappresentano il grande patrimonio dell’umanità proprio come la biodiversità, se pensiamo alla natura, o la pluralità, se ci riferiamo alla democrazia.
Diana Tenconi
granconsigliera