Più tecnici in politica, per il futuro del Paese

Quando cerchiamo di spiegare a uno straniero il nostro sistema di Governo, ci concentriamo giustamente su ciò che ci distingue dal resto del mondo. Parliamo di federalismo e decentralizzazione dei poteri, oppure della democrazia diretta e dei suoi strumenti – o magari ricordiamo il DNA fortemente liberale delle istituzioni svizzere, che frena la crescita della burocrazia.

Sono tutte spiegazioni valide, ma non considerano l’elemento che funziona come un lubrificante, per ognuno di questi delicati ingranaggi – mi riferisco al sistema di milizia. La scelta di limitare il professionismo in politica al minimo indispensabile, perlomeno sulla carta, è storicamente un modo molto efficace per coinvolgere l’insieme della società nelle scelte collettive – perché ha permesso alla politica svizzera di rappresentare la «biodiversità» sociale ed economica del Paese. Personalmente, è con questo spirito che ho deciso di mettermi a disposizione per un’elezione in Gran Consiglio – perché credo che ci servano più tecnici in politica, e perché credo che soprattutto chi possiede una conoscenza specifica abbia la responsabilità di mettersi a disposizione del nostro sistema di milizia. È un grande vantaggio contare su un Parlamento di persone che hanno profili professionali di valore. Il loro punto di vista alza il livello della discussione, e permette di dare voce ai diversi settori di cui si compone la nostra società. Quando è competente e rappresenta fedelmente la varietà del tessuto sociale, un Parlamento riesce a elevarsi sopra la semplice amministrazione dell’esistente – per osare sviluppare visioni ambiziose, e per comunicarle in modo vincente alla popolazione.

La nostra storia contiene moltissimi esempi del successo di questo approccio: dalle colossali opere idroelettriche alla rete delle strade nazionali, fino ad arrivare ad AlpTransit. Il pericolo che corriamo oggi, se la nostra politica si farà troppo professionalizzata, è che non sia più possibile trovare una condivisione sufficiente su progetti di respiro così ampio. Non si tratta solo delle grandi opere. Vediamo bene che il discorso politico, concentratissimo sul presente, è da anni incapace di generare idee condivise sulle riforme cruciali per il nostro futuro – finanze dello Stato, pensioni, costi della salute, rapporti con l’UE, politica energetica e ambientale. Per agire con successo in questi campi, sempre più complessi, non possiamo più fare a meno dell’apporto dei tecnici – ed è per questo che dobbiamo convincerli a rimettersi in gioco in politica.

Simona Genini

granconsigliera